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LE RADICI E LE ALI

..conservando la memoria delle lotte e delle resistenze contro le ingiustizie... alzandoci in volo per conquistare il cielo.....

martedì 17 novembre 2009

I lavoratori precari prime vittime della crisi economica, la disoccupazione destinata ad aumentare


Tra il secondo trimestre del 2008 e il secondo di quest’anno (sono gli ultimi dati ufficiali disponibili) l’Istat ha contato 378.000 occupati in meno.
Ma nella fase più intensa della crisi, il conto lo hanno pagato soprattutto precari e atipici, oltre ai lavoratori autonomi. Il massiccio ricorso alla cassa integrazione ha finora limitato l’impatto della recessione sui contratti a tempo indeterminato: nei primi dieci mesi dell’anno le ore di Cig autorizzata (ordinaria, straordinaria e in deroga) hanno toccato quota 716,7 milioni, con un aumento del 330 per cento rispetto allo stesso periodo del 2008. E il ricorso alla cassa funziona anche da scudo in qualche modo psicologico, se è vero che il tiraggio, ossia il ricorso effettivo alla cassa integrazione, è di poco superiore al 60 per cento. Anche il fatto che ci siano segnali di ripresa non mette al riparo il mondo del lavoro da ulteriori e più pesanti conseguenze della crisi che ha toccato il suo culmine nei mesi scorsi. E nei prossimi mesi ad essere colpiti potrebbero essere proprio coloro che fino a questo momento sono riusciti quanto meno a contenere i danni. È andata invece molto peggio per il variegato universo degli atipici, che tra i lavoratori dipendenti si identificano con i contratti a termine: sono diminuiti di 229.000 unità. Cifra superiore seppur di poco anche a quella relativa ai lavoratori indipendenti, che erano nel secondo trimestre 210.000 in più. E tra questi autonomi, accanto ai piccoli imprenditori e ai professionisti, rientrano certamente anche molti collaboratori a progetto, che sono l’altra faccia del lavoro precario.Sempre nello stesso periodo, il numero delle persone in cerca di occupazione è aumentato di 137.000 unità, mentre sono 434.000 in più gli inattivi, cioè le persone tra i 15 e i 64 anni che non cercano lavoro o comunque non sono disponibili a lavorare.

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Italia. Incombe la privatizzazione dell'acqua pubblica, cresce la resistenza sociale


Oggi è sbarcato nell’aula della Camera il decreto legge che contiene all’articolo 15 la privatizzazione della gestione dell’acqua
In poche parole, il servizio idrico potrà essere affidato a un privato tramite gara pubblica o in via straordinaria senza gara ma col parere dell’Antitrust. Un provvedimento che esaspera la privatizzazione già avviata negli anni Novanta con la legge Galli e mette fine alla municipalizzazione degli acquedotti. Una manna dal cielo per chi fa affari con l’acqua, come le lobby dell’oro blu che contano nelle loro fila ex municipalizzate come l’utility romana Acea, la ligure-piemontese Iride e l’emiliana Hera fino a multinazionali come Veolia e Suez. Un mondo che solo in Italia conta 252 imprese idriche per un fatturato totale che supera i 2,5 miliardi di euro.
La guerra per difendere l’acqua potabile pubblica va avanti, assicura il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua. «Stiamo raccogliendo con successo - fa sapere il segretario del Forum, Paolo Carsetti - le firme affinché venga presentata presso ogni comune una delibera per affermare che l’acqua è un diritto umano e il servizio idrico non è un servizio pubblico di rilevanza economica. L’obiettivo è arrivare a una legge che affida l’acqua all’ente locale che la gestisce non in forma di Spa ma di ente di diritto pubblico, quindi senza dover sottostare alla legge degli utili». Il Forum ha in cantiere anche una manifestazione nazionale il 20 marzo in corrispondenza delle elezioni regionali e della giornata mondiale dell’acqua indetta il 22 marzo dall’Onu.
Anche l’associazione Cittadinanzattiva punta il dito contro la gestione dei privati e denuncia i forti rincari: +5,4% solo nel 2008. Mentre secondo Unioncamere tra il 1997 e il 2006 le tariffe sono schizzate del 61,4%. E saliranno del 26% nel 2020. «La situazione più drammatica è al Sud - avverte Teresa Petrangolini, segretario generale di Cittadinanzattiva - dove si investe di meno e le reti sono colabrodo. Basti pensare che a fronte di una spesa media per famiglia di 253 euro all’anno, ad Agrigento se ne pagano 445 euro». E ad Aprilia, dove tra i privati c’è Veolia, denuncia il segretario del Forum «le tariffe dal 2005 sono aumentate fino al 300%».

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Contro la privatizzazione dell'acqua


Privatizzazione dell'acqua: il Governo ha posto la fiducia alla Camera
Il governo ha posto la fiducia (per la 28esima volta) sul decreto salva-infrazioni che contiene anche la riforma dei servizi pubblici locali, compresa l'acqua.
Il ministro per i rapporti con il parlamento, Elio Vito, ha spiegato che la fiducia sarà votata su un "maxiemendamento" con un testo "identico" a quello approvato dalla commissione che "è identico a quello arrivato dal Senato".
In realtà tempo per l'esame della Camera ce n'era: il decreto, che l'esecutivo considera blindato, scade fra una settimana.

E cosi il governo vuole privatizzare l'acqua e questo accade nell'indifferenza generale.
Ricordo a tutti che l'acqua è un bene prezioso vitale per l'uomo e non deve essere privatizzata,perchè chi possiede l'acqua ha il potere.

Nel mondo ci stanno provando e famosa fu la rivolta dei cittadini di Cochabamba dove l’intera popolazione civile di Cochabamba organizzò una serie di proteste in cui si esigeva l’annullamento immediato degli insostenibili aumenti. Il governo boliviano, in difesa delle multinazionali straniere, mandò 1200 poliziotti per le strade della città andina con lo scopo di soffocarne le proteste. Gli scontri furono di grandissima portata, il risultato furono decine di morti e diversi feriti gravi.

Nonostante la repressione, però, durante la prima settimana dell’aprile 2000, i cittadini di Cochabamba riuscirono ad immobilizzare l’intera città con uno sciopero generale che blocco' strade, scuole e negozi. Uno sciopero generale senza precedenti che aveva come obiettivo l’uscita di scena definitiva della Bechtel ed il ritorno dell’acqua in mano statali.
Ribelliamoci anche noi, non lasciamo che ci sottraggano un bene prezioso come l'acqua per trarne profitto e potere!

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mercoledì 11 novembre 2009

Scarpinato: ''Lo scudo fiscale rischia di consentire il riciclaggio di capitali mafiosi''


Lo dice il procuratore aggiunto di Palermo, Roberto Scarpinato, parlando dell'affievolimento degli obblighi di segnalazione antiriclaggio previsto per la sanatoria dei capitali illecitamente esportati all'estero.
"Si è aperto un varco attraverso il quale possono essere riciclati capitali di mafia", dice Scarpinato, commentando con Reuters il senso di alcune sue dichiarazioni rese alla stampa.
Lo dice il procuratore aggiunto di Palermo, Roberto Scarpinato, parlando dell'affievolimento degli obblighi di segnalazione antiriclaggio previsto per la sanatoria dei capitali illecitamente esportati all'estero. "Si è aperto un varco attraverso il quale possono essere riciclati capitali di mafia", dice Scarpinato, commentando con Reuters il senso di alcune sue dichiarazioni rese alla stampa.

"Tutto questo avviene perché è stato cancellato l'obbligo di segnalazione di dichiarazione sospetta. Mi chiedo perché, tenendo conto che chi fa rientrare i capitali per motivi fiscali non ha niente da temere dalla visibilità dello scudo fiscale, in quanto gode di immunità fiscale e penale".

Il magistrato si riferisce alla parte della circolare applicativa sullo scudo, diffusa dall'Agenzia delle entrate il 10 ottobre, che sospende l'obbligo in capo alle banche di segnalare operazioni sospette di riciclaggio per i reati sanabili, vale a dire reati fiscali e societari. L'obbligo resta intatto per i reati di mafia e terrorismo.

Secondo Scarpinato esiste però un secondo punto critico: "Nella circolare dell'Agenzia si è stabilito che l'operatore bancario non può rilevare il sospetto esclusivamente dall'entità della somma scudata. Il criterio da seguire è la sproporzione tra la somma scudata e il profilo economico del cliente. Il caso del piccolo artigiano che scuda duecento milioni".

"Tuttavia, l'operazione dello scudo si può fare anche allo sportello, alla cassa, da parte di persone che non sono clienti conosciuti dalla banca. Quindi come si fa rilevare la sproporzione tra somma e profilo del cliente?", dice il magistrato.

Partito a metà settembre, lo scudo fiscale consente a chi ha nascosto capitali al fisco depositandoli all'estero di regolarizzare la sua posizione pagando un'aliquota del 5% entro il 15 dicembre. Secondo Agenzia delle entrate e Guardia di Finanza, ammontano a 300 miliardi le attività oggetto di potenziale sanatoria.

Incontrando i senatori di maggioranza la scorsa settimana, il ministro delll'Economia Giulio Tremonti ha detto di aspettarsi dallo scudo un gettito di 3 o 4 miliardi che corrisponde ad attività del valore di 60-80 miliardi.

Scarpinato chiede di coniugare le esigenze di cassa dello Stato con il contrasto al riciclaggio e fa degli esempi concreti per spiegare come lo scudo possa intralciare l'attività dei magistrati.

"Sostanzialmente come si fa a sapere se un'impresa è a partecipazione mafiosa? Un'impresa ha una sua storia, una sua attività. Ad un certo punto investe capitale mafioso. Per verificare questo facciamo l'analisi dei bilanci e la nostra ipotesi è che a un certo punto sono stati immessi capitali non compatibili con la storia dell'impresa, i suoi ricavi, il suo fatturato".

"Se noi andiamo dall'impresa, l'imprenditore ci dice che i capitali sono frutto di evasione e sono stati sanati con lo scudo", continua il magistrato. "A quel punto noi vogliamo vedere le scritture contabili e l'imprenditore ci dice che le scritture sono state distrutte perché con lo scudo si copre anche il reato di occultamento e distruzione delle scritture contabili, reato punito fino a cinque anni di reclusione".

"Non si comprende perché sia stato abolito l'obbligo di segnalare le operazioni sospette. Come magistrato che si occupa di indagini antiriclaggio mi trovo privato di uno strumento importante che in passato ci ha consentito di svolgere importanti indagini", dice Scarpinato.
"L'Europa, con una direttiva, ha imposto l'obbligo di segnalazione sospetta. Si pensi che con i precedenti due scudi sono arrivate meno di 100 segnalazioni e nessuna riguardava la Sicilia, quando ogni anno le segnalazioni sono alcune migliaia", conclude Scarpinato.

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Scudo Fiscale: gia' in vendita la lista nera svizzera (MF)


MILANO -Gia' partita l'offerta delle liste nere della Svizzera sui correntisti famosi che hanno nascosto capitali nei Cantoni. Che poi si tratti di una semplice minaccia o di qualcosa di piu' concreto lo si capirà piu' avanti. Di sicuro, secondo quanto scrive Milano Finanza, un elenco sarebbe gia' in circolazione. E comincia a far tremare i pilastri finanziari della Confederazione, che ha costruito una pluricentenaria tradizione di affidabilita' proprio sulla tenuta del segreto bancario.

Tra il Canton Ticino e Zurigo ci sarebbero un paio di funzionari (probabilmente italiani) di una banca locale, pronti a offrire, a chiunque sia disposto a pagare un prezzo adeguato, un dischetto contenente un elenco di correntisti italiani in odore di irregolarita' fiscali.

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Stefano Cucchi fu pestato da 2 agenti penitenziari


Il superteste è un immigrato africano detenuto che ha visto tuttoE' un immigrato clandestino di 31 anni il super testimone che avrebbe visto dallo spioncino della sua cella il pestaggio subito da Stefano Cucchi, il giovane di Torpignattara deceduto il 22 ottobre nel reparto penitenziario dell'ospedale Sandro Pertini.

L'extracomunitario di origini africane, arrestato il 15 ottobre scorso per spaccio di stupefacenti, avrebbe detto al Pm Vincenzo Barba, che Cucchi sarebbe prima stato picchiato e poi una volta caduto a terra preso a calci da 2 agenti della polizia penitenziaria nella cella di sicurezza del Palazzo di Giustizia il 16 ottobre, giorno del processo per direttissima. Finito il pestaggio Cucchi e l'immigrato si sono trovati uno accanto all'altro con i polsi legati dallo stesso schiavettone ed è in questo momento che Stefano avrebbe confidato al compagno di cella: "Hai visto questi bastardi come mi hanno ridotto?"

L'ora del pestaggio, secondo la testimonianza risalirebbe alle 12,35 del 16 ottobre, poco prima che Cucchi entrasse nell'aula del Tribunale di Piazzale Clodio. Stefano, sempre secondo l'immigrato, era appena stato accompagnato in bagno e si era rifiutato di rientrare nella sua cella. Poi le urla strazianti hanno incuriosito il detenuto il quale si è affacciato allo spioncino della sua cella assistendo al drammatico episodio.
Se così fossero andate le cose si spiega anche il motivo per cui i familiari hanno sempre detto di aver notato inspiegabilmente dei lividi nel volto di loro figlio il giorno del processo.

Ora si teme per l'incolumità del testimone che si trova tuttora rinchiuso nel carcere di Regina Coeli. Il suo avvocato sta tentando di trovargli ospitalità in un alloggio di un'associazione solidale, perchè il super teste adesso è terrorizzato. Ha paura di subire qualche ritorsione a causa della sua preziosa testimonianza. Almeno fino a quando non uscirà dal carcere romano.

Nel frattempo è arrivata la replica di Leo Beneduci, segretario generale del sindacato Osapp, sulla presunta responsabilità dei due agenti penitenziari. Beneduci mette in dubbio l'attendibilità della ricostruzione fatta dall'immigrato clandestino. "È vero che la polizia penitenziaria ha le chiavi delle celle di sicurezza, ma a nessun nostro agente sarebbe mai venuto in mente di accompagnare in bagno un arrestato sotto la responsabilità di un'altra forza di polizia (i carabinieri ndr). In questi casi la polizia penitenziaria apre la camera di sicurezza ma non prende in consegna l'arrestato perchè non si tratta ancora di un detenuto".

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Di carcere si muore


A Roma un’altra persona è morta di carcere. Stefano Cucchi, arrestato per un modesto quantitativo d’erba la notte tra il 16 e il 17 ottobre, è morto dopo una settimana in un carcere in cui non si sarebbe nemmeno dovuto trovare. Già alla prima udienza del processo per direttissima i genitori avevano notato segni sul suo volto e dopo il ricovero al Pertini per un presunto mal di schiena, Stefano è stato trovato morto. Non è la prima volta che le cosiddette forze dell’ordine hanno ucciso. Sono tristemente note le storie di Sorin, Niki, Aldo e delle numerose altre persone morte di carcere o durante un fermo violento, come Riccardo Rasman e Federico Aldrovandi . E per chi vive, la situazione non è rosea, se persino Alfano è riuscito a dichiarare che la situazione è fuori dalla costituzione. Ma forse il problema è che è proprio il carcere a non funzionare.

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