span.fullpost {display:none;}

LE RADICI E LE ALI

..conservando la memoria delle lotte e delle resistenze contro le ingiustizie... alzandoci in volo per conquistare il cielo.....

lunedì 31 marzo 2008

Il prefetto perfetto

Alessandro Dal Lago

Chi ha ordinato l'irruzione e la mattanza nella scuola Diaz? Si è trattato solo di un concorso di circostanze, oppure di una scelta deliberata, di un ennesimo complottino istituzionale? Non lo sapremo mai. Ma anche i sassi sanno che i vertici di una polizia bipartisan, nominati dai governi di centro-sinistra prima del 2001, vi erano coinvolti. Così, che di De Gennaro, il capo della polizia di tutte le stagioni, sia stato chiesto il rinvio a giudizio per aver cercato di inquinare il processo sulla Diaz, per alleggerire le responsabilità dei suoi uomini e quindi delle sue, non dovrebbe sorprendere proprio nessuno.Ma la sostanza politica di tutta la faccenda è molto più seria e si potrebbe esprimere così: quando c'è in gioco la polizia (in senso lato) non c'è centrodestra o centrosinistra che tenga. La ragion di stato al primo posto. Prendiamo il mitico De Gennaro. Poliziotto anti-mafia amatissimo dagli americani, già vice-capo della Dia e vice-capo della polizia, è nominato capo nel maggio del 2000 dal governo Amato, il quale gli fa prontamente avere un'altissima onorificenza, nominandolo Cavaliere di Gran Croce. Arrivano Berlusconi e il G8. De Gennaro resta felicemente al suo posto e i suoi uomini, chi più chi meno coinvolti in mattanze, depistagli, violenze gratuite e così via sono tutti promossi. Ritorna Prodi. Nel maggio 2007, De Gennaro viene indiziato per manipolazione di testimoni e rimosso dall'incarico. Dopo poco tempo, Amato, sempre lui, lo nomina capo di gabinetto al Viminale, come per assumersi la piena copertura politica del suo amato prefetto. Il resto lo sappiamo. Confidando sulle sue indiscutibili capacità, Prodi lo nomina commissario straordinario alla spazzatura.Mentre l'Italia pullula di prefetti, questori e vice questori coinvolti nella Diaz, le inchieste rivelano che a Bolzaneto è stata praticata la tortura, né più né meno. Nel frattempo la commissione d'inchiesta è stata archiviata. Quanto ad Amato, un uomo notoriamente intelligentissimo, vi ricorderete le sue recenti e stupefacenti dichiarazioni: se la faccenda delle torture è stata rimossa, la colpa non è magari di un uomo come lui, che abita dalle parti del potere da tempi immemorabili, o di chi ha coperto, a destra o sinistra, i poliziotti complottardi. No, è di quelli che se la prendono con Guantanamo, cioè, immaginiamo, di Amnesty International e di questo stesso giornale, insomma nostra!Il succo di questa bella vicenda è in sostanza che nessun alto funzionario pagherà realmente per la Diaz e Bolzaneto, che De Gennaro magari finirà all'Onu e che Amato forse concorrerà alla Presidenza della repubblica. Inoltre, sta ritornando Berlusconi. E se invece finisse in pareggio o vincesse Walter? Nessun problema. C'è il prefetto Serra in attesa, l'uomo già di Forza Italia che ha giustificato il pestaggio degli inglesi all'Olimpico e che si appresta a difendere i nostri diritti nelle fila del Pd. A ogni governo di centrosinistra il prefetto che si merita.

Continua...

domenica 30 marzo 2008

A Melfi un altro morto Fiat. A Vaduz 400 padroni evasori

Tratto da Liberazione
================

Sono due storie piccole piccole. Dicono tante cose, però, su come funziona la nostra società, il nostro mercato, la macchina perfetta ed oliata del capitalismo italiano.
Ieri in un ospedale di Rionero in Vulture è morto l'operaio Domenico Monopoli, anni 43, originario di Cerignola (il paese di Di Vittorio, il padre del sindacalismo italiano moderno), in seguito alle ferite riportate cadendo da una impalcatura alta 4 metri dove lavorava nel reparto verniciatura della Fiat di Melfi. I sindacati hanno proclamato uno sciopero di alcune ore. Le assemblee operaie hanno chiesto e ottenuto che lo sciopero fosse prolungato, diventasse di 24 ore. Da ieri, e fino ad oggi pomeriggio la Fiat di Melfi resta bloccata. Non si registrano dichiarazioni di uomini politici impegnati in campagna elettorale, magari candidati premier, salvo quelle di Fausto Bertinotti.
Seconda notizia: ci sono 390 indagati per i conti correnti in Lichtestein, nelle banche di Vaduz. Di che si tratta? Di evasione fiscale. Soldi depositati su banca estera per sfuggire al sistema fiscale italiano. Conti che vanno da poche decine di migliaia di euro fino a 400 milioni di euro. Chi sono gli intestatari? Persone fisiche e aziende. Nessun operaio, pare. Discreta riservatezza sui loro nomi, perché la casta dei padroni - mettetelo bene in mente - è parecchio più potente della casta dei politici. In fondo se un giudice indaga su Mastella o su D'Alema lo si viene subito a sapere. I padroni, invece, hanno diritto a una certa privacy.
Anche su questa faccenda di Vaduz non si registrano importanti dichiarazioni politiche. E neppure le associazioni imprenditoriali sembrano interessate. La parola d'ordine è quella manzoniana: «sopire e troncare, padre molto reverendo, troncare e sopire...», come diceva il Conte Zio al padre provinciale per chiedergli di licenziare frà Cristoforo, animo ribelle e fastidioso che non amava troppo i padroni.
Ecco, voi vi immaginate che due storie come queste possano diventare argomento di campagna elettorale? I due partiti più grandi, quelli che vengano accreditati dai sondaggi del 70 o anche dell'80 per cento dei voti, e che gli osservatori prevedono che dopo le elezioni faranno maggioranza insieme, di tutto accettano di discutere tranne che dei sacri diritti dell'impresa. Su questo fra i due partiti più grandi (quello di Berlusconi e quello di Veltroni) non c'è nessuna minima distinzione: ogni ragionamento di politica economica, o sociale, o statale, deve comunque partire da lì: dall'interesse dell'impresa, - cioè del profitto - perché l'interesse dell'impresa è l'interesse generale, e l'aumento della ricchezza dei ricchi è comunque la precondizione per qualunque possibile miglioramento della condizione di vita dei poveri.

Continua...

La vergogna dell'uranio impoverito

Tratto da Aprile Online
=================

La vergognosa e interminabile storia dell'uranio impoverito e delle sue presunte vittime. La grande delusione per i risultati della seconda commissione di inchiesta, che non è stata in grado di fornire nessuna risposta, non avendo ascoltato la testimonianza di un solo reduce di guerra. Lo sfogo dei familiari delle vittime, ancora una volta umiliati. L'indifferenza e la censura dei grandi media sull'argomento. Hanno scelto lo studio televisivo dell'emittente interregionale Retesole e il programma "L'Altra Inchiesta" per celebrare, davanti ad una bara avvolta nel tricolore, il funerale della giustizia e della verità a distanza di poche settimane dalla chiusura dei lavori della Commissione Parlamentare di inchiesta che non ha fornito "alcuna risposta concreta".
Protagonisti dell'estrema forma di protesta, Daniela Volpi, vedova del capitano dell'Esercito Antonino Caruso, uno dei 77 militari italiani morti per possibile contaminazione da uranio, e Falco Accame, presidente dell'associazione dei Familiari delle vittime Anavafaf.
Nel corso della trasmissione le note del silenzio militare hanno accompagnato l'elenco dei militari caduti che - ha denunciato Accame - "non hanno avuto nessun funerale di Stato e in molti casi nessun risarcimento".
La vedova Volpi ha chiesto di poter un giorno "raccontare al figlio di 11 anni perché è morto il padre" e ha inoltre denunciato che da ben "11 anni è in attesa della risposta sul riconoscimento della causa di servizio del marito".
La Commissione d'Inchiesta del Senato aveva, tra i suoi compiti, quello di indagare sui casi di morte e malattia che hanno colpito personale italiano impiegato nelle missioni all'estero, nei poligoni di tiro e nei siti in cui vengono stoccati munizionamenti, nonché le popolazioni civili nel teatro di conflitto e nelle zone adiacenti le basi militari sul territorio nazionale.
Eppure, dopo mesi di lavoro, la relazione finale della Commissione non riesce a dare risposte sufficienti. In particolare, viene riportata la tesi formulata dal Ministro della Difesa nella sua audizione, secondo cui, in base a valutazioni statistiche non meglio precisate, risulterebbe che su 100.000 casi di infermità riscontrate, quelle relative all'ambito della società civile sarebbero 754, mentre quelle relative all'ambito dei militari impiegati sarebbero 380, dal che si dovrebbe dedurre che l'esposizione all'uranio non solo non è pericolosa, ma è salutare. Si tratta di una tesi che, peraltro, poi viene contraddetta nella stessa relazione, quando si afferma che l'uranio è "sicuramente genotossico".
Inoltre, nelle conclusioni della relazione non si muove alcuna critica rispetto a quanto accaduto in passato, né vi è alcun cenno alle responsabilità che vi sono state, anche se il Senatore Felice Casson, nella sua audizione del 9 ottobre 2007, ha affermato come "in ordine alle pesanti patologie tumorali anche letali che hanno colpito i cittadini militari italiani, esistono responsabilità molto pesanti dell'Amministrazione dello Stato".
E neppure vi è alcuna parola di rincrescimento per quanto accaduto che poteva, in larghissima misura, essere evitato, se il nostro personale militare e civile, per almeno 6 anni, non fosse stato lasciato all'oscuro delle misure di protezione da adottare.
Tali misure erano note all'Italia almeno dal 1984 e vennero applicate da parte degli USA durante l'operazione Restore Hope in Somalia (operazione a cui hanno partecipato anche reparti italiani) fin dal 14 ottobre 1993. La NATO emanò, nell'agosto 1996, le disposizioni di sicurezza per le basse radiazioni. Le istituzioni avrebbero dovuto chiedere scusa alle vittime, chiamate ad affrontare un pericolo che non conoscevano anche se conosciuto da altri. E invece il nulla, la Commissione d'inchiesta ha preferito chiudere i battenti senza alcuna critica relativa alle inadempienze verificate e formulando, per il futuro, solo auspici e raccomandazioni.
Purtroppo si sa che questi, in Parlamento, valgono poco più di lettere a Babbo Natale o alla Befana

Continua...

G8. De Gennaro rinviato a giudizio per il blitz alla Diaz del 2001

Ieri la procura di Genova ha chiesto il rinvio a giudizio per l'ex capo della polizia Gianni De Gennaro, indagato dal giugno 2007 per aver istigato l'ex questore di Genova Francesco Colucci a rendere falsa testimonianza durante un'udienza del processo sui gravissimi fatti della scuola Diaz. De Gennaro avrebbe chiesto a Colucci di cambiare versione, di "aggiustare il tiro" delle sue dichiarazioni rese ai magistrati, per evitare di finire coinvolto nell'inchiesta. Capo di gabinetto del ministro dell'Interno Giuliano Amato dal giugno 2007 al gennaio 2008, De Gennaro è oggi commissario straordinario per l'emergenza rifiuti in Campania.

Continua...

Venezuela . Chavez vuole creare una Nato sudamericana

Una Nato sudamericana. E' questa la proposta che il presidente venezuelano Hugo Chavez ha avanzato giovedì al suo omologo brasiliano Luis Inacio Lula da Silva. Si chiamerà Otas (Organizacion del Tratado del Atlantico Sur), in contrapposizione alla Nato, che nel subcontinente viene definita Otan.Si tratta di un Consiglio di Difesa regionale a cui parteciperebbero tutti i Paesi sudamericani. Un progetto ambizioso, in termini economici e politici, ma fattibile: il ministro della Difesa brasiliano, Nelson Jobim, inizierà il mese prossimo un giro di visite nel continente per programmarne l'avvio. Argentina e Cile hanno già comunicato un primo assenso informale. È la prima risposta alla crisi politica che due settimane fa ha spinto Colombia, Ecuador e Venezuela sull'orlo di una guerra. Il ruolo degli Stati Uniti non è stato marginale, in quanto partner di un'alleanza militare con la Colombia, parte in causa.Il casus belli, ha rinnovato la volontà politica di Chavez e Lula. Infatti l'incursione dell'esercito colombiano in territorio ecuadoregno, con un'operazione che ha provocato la morte del numero due delle leader delle Farc (Forze armate rivoluzionarie della Colombia) Raul Reyes, ha riproposto la questione del rispetto dei confini e riacceso il dibattito sulla necessità di dirimere i conflitti regionali senza l'intervento degli Stati Uniti.
Ecco perché i dialoghi sulla Difesa comune hanno subito una accelerazione. Con il proposito di chiarire il programma di Difesa tra Paesi sudamericani Lula ha ricordato il dialogo avvenuto la scorsa settimana tra il suo ministro della Difesa Nelson Jobim e quello americano Robert Gates. Alla domanda rivolta da Gates a Jobim, "cosa potrebbe fare Washington per la creazione di un Consiglio di Difesa sudamericano?" il brasiliano Jobim è stato ha risoluto: "Niente, non fate assolutamente niente perché lo sta facendo l'America Latina".
Nell'incontro con Lula, Chavez ha ricordato di aver avanzato il progetto già nel 1999, "ma ero un gallo solitario, oggi ci sono altri galli". Il piano di Difesa comune si affianca ad altri programmi economici di integrazione regionale: tra questi l'educazione, il settore agroindustriale, lo sviluppo produttivo e la sicurezza alimentare. E quello energetico. Proprio ieri è stata siglata una joint venture tra Venezuela e Brasile per lo sviluppo di una raffineria a Recife. L'investimento nell'impianto è di 4miliardi di dollari e nel 2011 potrebbe raffinare 200mila barili al giorno. I brasiliani restano proprietari della raffineria con il 60% del capitale, mentre a Pdvsa, società petrolifera venezuelana, spetta il 40 per cento. Chavez infine ha elogiato la politica economica brasiliana che ha saputo "diversificare i propri partner commerciali e affrancarsi da un rapporto troppo vincolante con gli Stati Uniti". Se cadranno in recessione - ha aggiunto Chavez - noi sapremo resistere all'onda d'urto e "difendere le nostre economie". (Fonte:sole 24 ore)

Continua...

Milano . Provocazione sionista e poliziesca

Sabato 29 marzo all’interno della campagna nazionale di boicottaggio del governo israeliano nel ruolo di ospite d’onore alla fiera del libro di Torino si è tenuta un iniziativa di controinformazione in preparazione del corteo nazionale del 10 maggio.
Il presidio, con continui interventi al megafono, un volantinaggio di massa e l’affissione di striscioni per tutta la piazza, si è svolto davanti alla Feltrinelli di piazza Piemonte per denunciare la sua partecipazione alla fiera del libro, avallando cosi di fatto la legittimazione del governo terrorista israeliano e l’occupazione militare della Palestina e delle sue politiche genocide e di apartheid.
Il presidio è stato oggetto, durante tutto il pomeriggio, di continue provocazione da parte di componenti della comunità ebraica milanese a cui non abbiamo risposto se non con interventi politici di denuncia dell’arroganza e della violenza verbale del sionista di turno incapace di rispondere al carico di responsabilità criminali del governo israeliano.
Nel tardo pomeriggio però le provocazioni hanno raggiunto un livello insostenibile quando un militante sionista ha platealmente strappato uno striscione di 10 metri su cui c’era la scritta “con il popolo palestinese che resiste”.
A questo punto, all’avvicinarsi dei compagni e delle compagne per allontanare il provocatore, la polizia presente ha caricato a freddo il presidio ferendo al volto e al torace con manganellate e colpi di casco alcuni dei nostri compagni e compagne.
Denunciamo con forza questa provocazione combinata che fa capire come Israele sia e rimanga il nervo scoperto e intoccabile di una politica d’aggressione imperialista in tutta l’area mediorientale.
Ribadiamo che siamo e saremo sempre a fianco del popolo palestinese in lotta per la propria autodeterminazione e che in sintonia con la campagna nazionale di boicottaggio lavoreremo per essere in massa al corte nazionale del 10 maggio a Torino.
Boicottiamo Israele
Con il popolo palestinese che resiste.

Continua...

mercoledì 26 marzo 2008

Circa 400mila famiglie faticano con il mutuo. Ma le banche sono furbe e l'allarme qui non c'è

Nino Galloni l'economista e scrittore, autore del saggio "Il grande mutuo"

D.Le banche italiane ufficialmente sembrano fuori dalla tempesta creditizia internazionale. E' davvero tutto in ordine?

R.Le banche italiane presentano conti in ordine perché molto semplicemente cartolarizzano i crediti di difficile esigibilità oppure si affidano a una società di recupero crediti. Le sofferenze, in questo modo, escono dal quadro generale di bilancio. Ma basta andare a vedere le ordinanze dei tribunali per esecuzioni forzate per rendersi conto di quale sia la situazione per quanto riguarda i mutui. Oltre il 13% ha difficoltà a pagarli. Questa percentuale corrisponde a circa 400mila famiglie. Se tutto ciò andasse nei bilanci delle banche ci sarebbe un grande allarme. E l'allarme produce panico e il panico danneggia le banche e l'economia. Il prestito diventa reale al momento della restituzione.

D.E se usciamo dal territorio dei mutui?

R.Tre milioni di famiglie italiane hanno debiti nei confronti del sistema bancario. Le sofferenze ufficiali sono interno all'1%, quindi circa 30-40mila casi. Mentre quelle che si possono stimare sono circa 400mila. Le banche lo sanno, e per arginare la situazione lanciano dei prodotti per la ristrutturazione del debito. Con la vecchia tecnica venivano congelati gli interessi, mentre con i nuovi sistemi anche se non paghi qualche rata comunque rientra nel conto.

D.Quali effetti del ciclone dei subprime sul sistema finanziario italiano?

R.Già si vedono degli effetti importanti sul mercato immobiliare che sta flettendo sensibilmente. Le banche americane è vero che hanno dato troppi prestiti, ma in America le banche rappresentano un grosso ammortizzatore sociale. Senza questi prestiti gli operai flessibilizzati non avrebbero potuto recuperare il gap sui consumi. Credo che le banche italiane non abbiano recepito tantissimo perché avevano già sperimentato la pericolosità nel caso Parmalat. La debolezza del sistema italiano non è tanto nelle banche ma nelle famiglie, nelle amministrazioni locali e nelle imprese. Banche forti e famiglie deboli, è questo il modello.

D.A conti fatti, il buco provocato dal mancato pagamento dei mutui negli Usa non è nemmeno lontanamente paragonabile al danno procurato al sistema finanziario dalla leva speculativa. Come è stato possibile?

R.Il vero nodo sono le finanziarie che praticamente hanno acquisito i prestiti in sofferenza e li hanno rivenduti riprendendo la metà del loro valore e incassando dividendi forzati. I poteri forti cercano in tutti i modi di barcamenarsi. L'ondata grande della crisi però deve ancora arrivare.

D.In pratica...

R.In pratica, non è possibile che i tassi di rendimento finanziari siano superiori al tasso di sviluppo.

D.Non credi che fermare la speculazione finanziaria sia una partita persa in partenza?

R.I derivati erano uno strumento a breve termine che veniva utilizzato per aggiustare i rendimenti quando erano non soddisfacenti. In America questa pratica è esplosa, ed è collegata direttamente alla crisi del sistema borsistico. Noi abbiamo due problemi, ovvero la produzione di moneta è stata demandata alla Bce, quindi è ovvio che il grosso della moneta è quella creditizia. Se le banche non la producono il sistema si blocca. Le aziende e le famiglie sono indebitate a garanzia dei prestiti e quindi le banche possono diventare padrone di tutto. Questo non è irrilevante, perché il concetto dell'operatore finanziario è diverso da quello dell'imprenditore.

D.Questo quadro come cambia l'economia di tutti i giorni?

R.Oggi il reddito non è più quella voce che serve a sostentare la famiglia ma a garantire la capacità di prestito della famiglia. Dopo di che se ci sarà un grande sviluppo allora recuperiamo ma se lo sviluppo continua ad essere soffocato non ci sarà soluzione. Lo sviluppo, però, è soffocato dalle regole di Maastricht. Se vogliamo fare lo sviluppo dobbiamo svincolare gli investimenti pubblici dalla tassazione. Con la tassazione paghiamo la spesa corrente mentre con i redditi le grandi infrastrutture, la scuola e il resto.

Etichette:


Continua...

lunedì 24 marzo 2008

stalingrado - banda bassotti


Continua...

la Banda Bassotti al funerale di Davide DAX Cesare


Continua...

mercoledì 19 marzo 2008

Comandante Che Guevara


Continua...

martedì 18 marzo 2008

Italia. L'economia di guerra fa soldi a palate. La Finmeccanica incassa 521 milioni di euro di utili netti

Anno decisamente ricco, il 2007, per Finmeccanica. La società pubblica del settore dell'aerospazio e della difesa mette in archivio un'annata con i fiocchi: crescono i ricavi (+8%), crescono gli utili netti (521 milioni), crescono gli ordini (+14%) e il portafoglio ordinativi raggiunge un livello equivalente a tre anni di produzione. Si segnala anche un aumento dell'occupazione del gruppo a 60.478 dipendenti (quasi tremila più del 2006). Il cda, riunito ieri a Roma, ha approvato così un dividendo di 41 centesimi (erano 35 cent nel 2006, un assegno di quasi 60 milioni che finirà in tasca all'azionista pubblico Tesoro, che detiene il 33,72% del capitale): l'assemblea che formalmente approverà il dividendo è convocata per il 5 e 6 giugno. Assemblea che sarà anche chiamata al rinnovo dei vertici dell'azienda; dopo le elezioni, come concordato nei giorni scorsi tra Berlusconi e Prodi.Non si prevedono, in realtà, sorprese per Pier Francesco Guarguaglini, il presidente e amministratore delegato. Un manager nominato nel 2002 dal governo di centrodestra, ma che nel biennio del centrosinistra è andato molto d'accordo anche con i ministri dell'esecutivo Prodi, e che sembra destinato a una conferma bipartisan, comunque vadano le elezioni. In dettaglio, i ricavi aumentano a 13,4 miliardi rispetto ai 12,4 del 2006; l’Ebita adj cresce dell’11% a 1 miliardo; in particolare quello di Aeronautica, Difesa e Sicurezza cresce di oltre 200 milioni. L’utile netto è pari a 521 milioni, escludendo una serie di operazioni straordinarie che alterano il dato del 2006 e del 2007. Gli ordini crescono del 14% a 17,9 miliardi, il portafoglio ordini cresce del 10% a 39,3 miliardi. Guardando ai settori, le performance più significative sono quelle degli elicotteri (+9%), dell'aeronautica (+21%, merito delle attività legate all'Eurofighter e del buon apporto del comparto civile, ovvero gli Atr e il B787) e dello spazio (+12%, tra servizi satellitari e produzione).

Etichette:


Continua...