span.fullpost {display:none;}

LE RADICI E LE ALI

..conservando la memoria delle lotte e delle resistenze contro le ingiustizie... alzandoci in volo per conquistare il cielo.....

giovedì 23 luglio 2009

20 Luglio 2001 : le tante verità di cui lo Stato ha paura


Genova, piazza Alimonda, 20 luglio 2009 - Le sentenze giudiziarie sul massacro della Diaz e sulle torture di Bolzaneto hanno riconosciuto come verità incontestabili quanto da sempre dichiarato dalle vittime: decine di uomini in divisa hanno fatto carta straccia della Costituzione e si sono trasformati in squadracce che hanno agito fuori da ogni legalità. Sulle violenze della Diaz e di Bolzaneto è stata quindi riconosciuta la verità ma non è stata fatta giustizia: la catena di comando non è stata nemmeno processata, anzi, tutti i responsabili di allora, dell’ordine pubblico, sono stati promossi; e tra tanti che hanno commesso direttamente le violenze pochi sono stati condannati e a pene irrisorie.
Ma sull’omicidio di Carlo è stata negata fin dall’inizio ogni ricerca della verità. Lo Stato, il potere politico di allora, che è lo stesso di oggi, hanno paura della verità ed infatti hanno negato ogni processo. A breve uscirà la sentenza della Corte europea (alla quale hanno fatto ricorso i genitori di Carlo), ci auguriamo che anche questa volta dall’Europa arrivi un forte richiamo all’Italia a rispettare il diritto a ogni cittadino a un giusto processo. A otto anni di distanza ancora non vi è certezza su chi ha ucciso Carlo e permangono molti dubbi sulle infinite versioni fornite da Placanica; rimane tuttora intatta l’ipotesi che a sparare sia stato qualcuno ben più alto in grado, presente quel giorno a Piazza Alimonda.
Qualcuno il cui nome potrebbe essere protetto da una rete di complicità e ricatti.

Ma il potere ha paura anche di altre verità: di verità storiche e sociali, che allora centinaia di migliaia di persone gridavano per le vie di Genova. Infatti nel 2001 denunciavamo le ingiustizie della globalizzazione neoliberista e prevedevamo che avrebbe trascinato l’umanità verso la catastrofe. Avevamo ragione, la crisi attuale è frutto di quelle scelte che già allora denunciavamo. Allora siamo stati inascoltati, hanno usato ogni strumento per ridurci al silenzio. Oggi sappiamo che avevamo ragione, anche se abbiamo pagato a caro prezzo le nostre ragioni. Anche per questo non si può dimenticare Genova.

Etichette:


Continua...

[G8 Genova 2001] La ricostruzione completa della prima carica in Via Tolemaide che porterà agli scontri dove morirà Carlo


http://www.youtube.com/watch?v=0vh41kchl1w

Continua...

Ilardo: ''Nel '94 Provenzano tratto' con Dell'Utri''


Agli atti le rivelazioni del boss Ilardo: contatti Stato-mafia anche dopo le stragi.
Palermo. Non fu una sola la trattativa fra la Cupola mafiosa e uomini delle istituzioni. Due anni dopo il "papello" di Totò Riina, Bernardo Provenzano ripropose le stesse richieste tramite un contatto nella nascente Forza Italia, Marcello Dell´Utri. La Procura diretta da Francesco Messineo ha acquisito al nuovo fascicolo «Trattativa» – di cui ieri Repubblica ha anticipato l´esistenza – le confidenze fatte dal boss di Caltanissetta Luigi Ilardo al colonnello Michele Riccio, prima di essere ucciso. Quelle parole sono per i magistrati la prova che di trattativa ce ne fu una seconda, altrettanto complessa, altrettanto piena di figure ancora senza nome.
Ecco cosa disse Ilardo, durante un incontro segreto in provincia di Messina, nel febbraio 1994: «Circa un mese fa i palermitani hanno indetto una riunione ristretta con i rappresentanti delle altre famiglie siciliane». Il colonnello Riccio prendeva appunti: «È stato deciso – diceva Ilardo – che tutti gli appartenenti alle varie organizzazioni mafiose del territorio nazionale debbano votare Forza Italia. I vertici palermitani hanno stabilito un contatto con un esponente insospettabile dell´entourage di Berlusconi. Questi, in cambio del loro appoggio, ha garantito normative di legge a favore degli inquisiti delle varie famiglie nonché future coperture per lo sviluppo dei nostri interessi economici quali appalti e finanziamenti statali».
Nel suo rapporto al comando Ros Riccio non scrisse che Ilardo gli aveva fatto il nome dell´insospettabile politico. «Non mi fidavo dei vertici del reparto, non mi fidavo di Mario Mori», ha spiegato Riccio ai pm Nino Di Matteo e Antonio Ingroia. Il nome del politico è adesso ufficialmente agli atti dell´inchiesta sulla trattativa. Marcello Dell´Utri, senatore della Repubblica condannato a nove anni per concorso esterno in associazione mafiosa, in attesa della sentenza d´appello. L´inchiesta sulla seconda trattativa cerca adesso di ricostruire i passaggi che mancano fra Provenzano e Dell´Utri. Diceva Ilardo in un altro incontro con Riccio: «Provenzano ha ottenuto delle promesse dal nuovo apparato politico che ha vinto le elezioni, in cambio dei voti ricevuti».
Chi sono i protagonisti della seconda trattativa? I magistrati avrebbero iscritto nel registro degli indagati alcuni dei mafiosi che parteciparono all´incontro indetto dai «palermitani», in cui si parlò delle garanzie offerte dal «contatto». L´ultima clamorosa inchiesta dei pm di Palermo va oltre le relazioni fra mafia e politica: un pool di magistrati, di cui fanno parte anche Roberto Scarpinato e Paolo Guido, sta cercando di dare un nome agli intermediari. Spunti non ne mancano nelle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, fra imprenditori e uomini dei servizi, i cui nomi sono stati archiviati negli anni passati «per mancanza di riscontri». Questa mattina, il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso terrà una riunione di coordinamento fra tutti i magistrati (di Palermo, Caltanissetta, Firenze e Milano) che indagano sui misteri delle stragi.

Etichette:


Continua...

La Capitale e la mafia, da Pippo Calò a oggi.


Lancia l'allarme all'«Antimafia» anche il governatore della Banca d'Italia Draghi. A rischio Negozi e ristoranti acquistati anche al doppio del valore grazie ai miliardi dei traffici illeciti. 'Ndrangheta e casalesi al top degli affari.
'Ndrangheta, sequestri a Roma Un fiume di denaro che dà ossigeno all'economia in crisi. Soldi che rilanciano l'occupazione, creano nuove imprese. Tutto Marcio. Milioni di euro che si sono moltiplicati con il traffico di droga, quello delle armi. Con il pizzo e le estorsioni. Milioni e milioni di euro rosso sangue. Un volume di affari che supera i 130 miliardi di euro. La sola 'ndrangheta, secondo le ultime valutazioni, movimenta 44 miliardi l'anno. Soldi investiti laddove la crisi è più sentita. Dove le attività commerciali sono più in difficoltà e allo stesso tempo il mercato consente investimenti sicuri. Roma città dove l'usura strozza il commercio ecco che si allungano le mani della piovra. 'Ndrangheta e camorra soprattutto. La Mafia siciliana che per prima scoprì il business capitolino, preferisce ora investire all'estero.
Lontani i tempi che Pippo Calò, cassiere di Cosa nostra, risiedeva a Piazza di Spagna e prendeva il caffè con i boss della banda della Magliana. I brokers del crimine si muovono sapienti nelle vie del lusso della Capitale. Sondano il mercato, verificano il giro d'affari, intrecciano legami con amministratori pubblici e funzionari sleali, e poi pronti con valigette piene di euro passano all'acquisto. Ristoranti, alberghi, bar, pizzerie in primi luogo. Locali che cambiano proprietà anche due volte l'anno. Gelaterie che fioriscono in ogni angolo della città storica. A gestirle uomini di fiducia, parenti.
Due anni fa la dichiarazione allarmata dell'esponente radicale Rita Bernardini: «La lingua più parlata nei locali del centro storico di Roma è il napoletano». Fu assalita da ogni parte politica. Poi venne l'ennesima inchiesta della procura con ristoranti famosi chiusi perché in odore di mafia. E quelle parole sono tornate in mente a molti, ma pochi ne hanno fatto tesoro. Nell'ultima relazione della Dia al Parlamento si legge «Nel Lazio, e in particolare nella provincia di Roma, gli elementi investigativi acquisiti convergono sull'accresciuta "pervasività" della ‘ndrangheta nel settore edile, con il tentativo di inserirsi nelle procedure di gara per l'acquisizione di appalti e sub appalti che, seppur di non rilevante entità, perseguono la strategia della "polverizzazione" dell'infiltrazione nell'imprenditoria sana. Anche il settore commerciale, segnatamente le attività di ristorazione, mediante l'acquisizione di quote societarie di bar, ristoranti e rivendite di tabacchi, è considerato vulnerabile sotto il profilo del rischio di infiltrazione delle cosche».
L'attività investigativa ha messo in luce il coinvolgimento delle cosche calabresi Alvaro, Palamara, Bonavota, Fiarè. La mole di denaro da riciclare è tale che i clan sono disposti a pagare un negozio, un ristorante e persino un intero centro commerciale il doppio del valore reale. «La crisi economica aumenta i rischi per le imprese italiane di cadere vittime o essere acquistate della criminalità organizzata» e, in una fase di bassa crescita, la lotta a questo fenomeno che frena vaste aree del Paese diventa «oggi più importante che mai». L'allarme è arrivato giusto ieri dal governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, nell'audizione alla Commissione Antimafia. Una strategia che il governo ha già messo in atto. È uno degli impegni del 2009 a «colpire la mafia nei soldi», nei suoi interessi economici aveva annunciato il ministro dell'Interno Roberto Maroni. L'attività investigativa delle Forze dell'ordine continua a scoprire il tesoro delle mafie. Roma sembra essere diventata una sorta di cassaforte di cosche e clan.
Il Cafè de Paris era finito nel mirino degli inquirenti già più volte in passato, poi l'acquisto da parte della famiglia Todini sembrava aver interrotto la parabola negativa del bar della Dolce vita. Ma nel 2005 la vendita a Damiano Villari, originario di S. Eufemia di Aspromonte dove era barbiere di fiducia del clan Alvaro. Centomila euro secondo la scrittura depositata per acquistare l'80% delle quote della società dalla Delta group della famiglia Todini. La procura di Roma, nell'indagine dello scorso novembre, ha scoperto un versamento di cinque milioni in contanti sul conto della società della famiglia Todini. Le imprese edili sono l'altro grosso business delle criminalità. Dopo il terremoto in Umbria nel 1997 furono decine le imprese «'ndranghetose» che cercarono di accapparrarsi gli appalti. E oggi, dopo il sisma in Abruzzo, qualcuno ci sta riprovando. La task force voluta dal Governo ha già individuato alcune imprese sospette.
E il «piano casa» delle aziende pulite sarà protetto dagli uomini in divisa contro i giocolieri del subappalto ricchi del denaro dei narcotrafficanti di Reggio Calabria e Palermo. Il boccone prelibato delle attività commerciali è così appetitoso e allo stesso tempo ricco che i clan possono permettersi di dividere il bottino. 'Ndrangheta nel centro storico, casalesi e camorra in periferia con predilezione per supermercati e centri commerciali. Acquisizioni che vanno in porto ogni giorno. Attività commerciali che espongono cartelli di prossima chiusura ed ecco arrivare gli emissari delle cosche. Colletti bianchi insospettabili con l'offerta milionaria. E le «lavanderie» si moltiplicano. I segugi del Gico della Finanza e del Ros dei carabinieri inseguono l'odore dei soldi sporchi.

Etichette:


Continua...

martedì 21 luglio 2009

Crimini di guerra a Gaza, le nuove ammissioni dei soldati israeliani


Nel corso dell’offensiva a Gaza del gennaio scorso, l’esercito di Tel Aviv ha commesso abusi diffusi contro la popolazione civile. Il tutto grazie a regole di ingaggio definite "permissive".L’ammissione arriva da un gruppo di 26 soldati israeliani (14 di leva e 12 riservisti), che hanno preso parte alla campagna militare nella Striscia e le cui testimoniante sono state raccolte dall’organizzazione Breaking the Silence.

Nel rapporto di 112 pagine (finanziato da associazioni umanitarie israeliane e da Gran Bretagna, Paesi Bassi, Spagna e Unione europea) i militari affermano di avere ricevuto l’ordine di fare fuoco su ogni edificio o persona apparentemente sospetta, ammettono il ricorso al fosforo bianco in aree abitate e l’utilizzo di civili palestinesi come scudi umani.


“Meglio colpire un innocente che risparmiare un nemico", era l’ordine dato ai militari israeliani, stando a una delle testimonianze raccolte.

"Ci dicevano: Nel dubbio, uccidete”, racconta un altro soldato.

“Testimonianze non verificate”


Israele ha già respinto il contenuto del rapporto, definendolo privo di fondamento.


“Le Forze di difesa israeliane – ha dichiarato la portavoce dell’esercito Avital Leibovich - sono rammaricate del fatto che un’altra organizzazione per i diritti umani abbia emesso un rapporto basato su testimonianze anonime e generiche, senza verificare la loro credibilità".


Le testimonianze raccolte da Breaking the Silence, tuttavia, sono in linea con le denunce di diverse organizzazioni per i diritti umani, come Amnesty International e Human Rights Watch, secondo cui gli attacchi condotti dall’esercito israeliano nella Striscia sono stati indiscriminati e sproporzionati.


Secondo le stime più accreditate, l’offensiva israeliana a Gaza - iniziata il 27 dicembre scorso e durata 22 giorni – ha causato la morte di 1.400 palestinesi di cui circa due terzi erano civili. Le vittime israeliane sono state invece 13, di cui 10 militari.


Nel corso della campagna – come testimoniato dalle Nazioni Unite – sono state danneggiate o distrutte oltre 50mila abitazioni, 800 strutture industriali, 200 scuole, 39 moschee e 2 chiese.

(fonte: Bbc News, LeMonde.fr, Reuters)

Etichette:


Continua...

Mentre dilaga la protesta in Iran, il web viene censurato da tecnologie occidentali


Coinvolte le multinazionali Nokia e Siemens, secondo il Wall Street JournalSecondo il Wall Street journal, multinazionali delle telecomunicazioni come la Siemens e la Nokia al regime iraniano avrebbero fornito nella seconda metà del 2008 le tecnologie per censurare il web. E così, mentre continuano a scendere in piazza le donne e i giovani iraniani che reclamano la libertà di parola, le loro immagini e le informazioni sulla protesta stentano ad arrivare nel resto del mondo a causa dei "filtri tecnologici" forniti da esperti occidentali pagati dal regime autoritario iraniano.

Pecunia non olet?

Scrivono Christopher Rhoads e Loretta Chao sul Wall Strett Journal:
"Il regime iraniano ha sviluppato, con l'assistenza di compagnie di comunicazione europee, uno dei più sofisticati meccanismi al mondo per controllare e censurare Internet, consentendo di esaminare il contenuto delle comunicazioni individuali su scala di massa".

Se con il regime iraniano si è arrivati a tanto, non è difficile immaginare cosa sta accadendo al servizio dei servizi di intelligence in Occidente.

Intanto proseguono gli arresti in Iran e non si può escludere che il regime stia individuando i blogger e i cyberattivisti iraniani proprio tramite il sistema di monitoraggio citato dal Wall Street Journal.

La fame di profitto delle multinazionali uccide l'aspirazione alla libertà dei giovani iraniani.

Etichette:


Continua...

Il giornalista Gianni Lannes è in pericolo


Accade in provincia di Foggia. Bruciata l'auto al giornalista RAI, promotore di molteplici inchieste su traffici illeciti, ambiente, armi e Echelon. Ha recentemente ricevuto minacce di morte. Lannes sta per lanciare un giornale e ha creato un web di denuncia sociale da pochi giorni

Continua...

Mafia & Santità

Milano. Le ultime rivelazioni di Massimo Ciancimino, figlio di Vito, durante il talk show andato in onda ieri su Telelombardia.
Milano. Un accreditamento di don Vito Ciancimino presso la banca del Vaticano "era stato fatto anche da esponenti della Chiesa siciliana". Lo ha detto stasera al talk show di Telelombardia su 'Mafia: le verita' nascosté il figlio di Vito Ciancimino, Massimo. "Ci sono stati alcuni vescovi siciliani che accreditarono mio padre presso gli istituti bancari del Vaticano" ha detto.

E per ricordarci di cosa si parla....

Dall'ultima intervista di Paolo Borsellino:
(...)
A quanto pare Rapisarda e Dell’Utri erano in affari con Ciancimino, tramite un tale Alamia (Francesco Paolo Alamia, presidente dell’immobiliare Inim e della Sofim, sede di Milano, ancora in via Chiaravalle 7, ndr).

«Che Alamia fosse in affari con Ciancimino è una circostanza da me conosciuta e che credo risulti anche da qualche processo che si è già celebrato. Per quanto riguarda Dell’Utri e Rapisarda non so fornirle particolari indicazioni trattandosi, ripeto sempre, di indagini di cui non mi sono occupato personalmente».
(...)
A questo punto Paolo Borsellino consegna dopo qualche esitazione ai giornalisti 12 fogli, le carte che ha consultato durante l’intervista: «Alcuni sono sicuramente ostensibili perché fanno parte del maxiprocesso, ormai è conosciuto, è pubblico, alcuni non lo so...». Non sono documenti processuali segreti ma la stampa dei rapporti contenuti dalla memoria del computer del pool antimafia di Palermo, in cui compaiono i nomi delle persone citate nell’intervista: Mangano, Dell’Utri, Rapisarda, Berlusconi, Alamia.

E questa inchiesta quando finirà?

«Entro ottobre di quest’anno...».

Quando è chiusa, questi atti diventano pubblici?

«Certamente...».

Perché ci servono per un’inchiesta che stiamo cominciando sui rapporti tra la grossa industria...

«Passerà del tempo prima che...», sono le ultime parole di Paolo Borsellino.

Palermo, 21 maggio, 1992.

Etichette:


Continua...

Allarme influenza suina


in Italia, anzi no, forse... Il governo non sa cosa dire all'opinione pubblicaNon abbiamo, ad oggi, "nessun piano" pandemico in atto e "nessuna previsione" di rinvio o di chiusura delle scuole, in quanto "non abbiamo pandemia nel nostro Paese". Lo ha detto oggi ad Ancona il viceministro della Salute Ferruccio Fazio rispondendo alle domande dei giornalisti prima di partecipare a un seminario all'Inrca (Istituto nazionale ricovero e cura per anziani).
Anche il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, getta acqua sul fuoco: ''ogni allarmismo sulla nuova influenza e' ingiustificato''. Parlando a Udine, a margine di un incontro con la Giunta regionale del Friuli Venezia Giulia, Sacconi ha detto che ''si deve mantenere alta la guardia nel monitoraggio, ma contemporaneamente mantenere una corretta lettura di cio' che sta accadendo''. Secondo Sacconi, quello che abbiamo di fronte ''e' un'influenza al di sotto di quelle che abbiamo sempre conosciuto nella stagionalita'. Ogni allarmismo e' quindi davvero ingiustificato. Vale la regola banale ma sempre buona - ha concluso - ne' sopravvalutare, ne' sottovalutare''. Il ministro ha anche aggiunto in seguito che ''E' da escludere che le scuole vengano chiuse e lo stesso vale per luoghi pubblici e di lavoro''.
Si sono recati all'Ospedale San Raffaele di Milano, questa mattina, i 19 studenti della scuola media 'Virgilio' di Peschiera Borromeo (Milano) che potrebbero aver contratto il virus della Nuova influenza durante un viaggio-studio in Inghilterra e che sono tornati ieri in Italia.

Etichette:


Continua...

A proposito di guerra

Oltre 5.000 soldati americani morti in Iraq e Afghanistan.
Tra Iraq e Afghanistan gli Usa hanno raggiunto e superato i 5 mila morti tra i loro soldati. Lo conferma il Pentagono a 'Usa Today'. Si precisa inoltre che quota 5 mila e' stata superata con la morte di 4 militari in Afghanistan. Ad oggi il totale ufficiale dei caduti nei due fronti di guerra e' di 5.001: 4.332 in Iraq, 669 in Afghanistan. Luglio il mese piu' grave in Afghanistan dall'inizio della guerra: sono gia' 55 i soldati Nato morti nelle prime tre settimane, di cui 30 americani.

Etichette:


Continua...

Anniversario dell’eccidio di Via D’Amelio: ancora tante zone d’ombra e tanti perché senza risposta

Quest'anno l'anniversario della strage di via D'Amelio, dove il 19 luglio 1992 furono massacrati dall'esplosione di un'autobomba Paolo Borsellino e i cinque agenti di scorta, è stata meno uguale dei precedenti: su questo 19 luglio ha pesato come un macigno la riapertura delle indagini, da parte della procura di Caltanissetta, sulle stragi di Capaci e via D'Amelio e sull'attentato a Giovanni Falcone del 20 giugno '89, quando qualcuno piazzò nella villa del magistrato alcuni candelotti di dinamite. Questa volta i magistrati non escludono il coinvolgimento di un terzo livello.
La svolta nelle indagini su via D'Amelio arriva dalle dichiarazioni di Gaspare Spatuzza, che ribalta alcune verità confermate fino in Cassazione. Il collaboratore si attribuisce il ruolo finora avuto da un altro pentito, Vincenzo Scarantino, che si autoaccusò di aver procurato la 126 utilizzata nella strage. Ma Spatuzza dice che a rubare l'auto è stato lui, e parla della sostituzione di un pezzo di ricambio, effettivamente trovato dagli investigatori dentro l'auto. Le sue dichiarazioni, finora, hanno tutte trovato riscontri. La 126, sarebbe stata consegnata a persone diverse da quelle indicate inizialmente.
Se Spatuzza ha cominciato a riscrivere la storia della stagione stragista, un altro personaggio, Massimo Ciancimino, figlio di Vito, nel '70 sindaco mafioso di Palermo, sta vuotando il sacco, spiegando ai magistrati i segreti sul tentativo della mafia di stipulare un patto con lo Stato.

Con le dichiarazioni di Ciancimino, sul quale pende una condanna in primo grado a 5 anni e 4 mesi per riciclaggio, torna a galla la storia del cosiddetto «papello», un documento con alcune richieste di Cosa nostra, che se esaudite avrebbero fermato la stagione delle stragi. Ciancimino nei giorni scorsi ha consegnato alcune carte ai magistrati, ma non si sa se tra queste ci sia anche il papello.

Alla Dda di Caltanissetta mantengono un certo riserbo. Ma ieri il procuratore capo Sergio Lari ha spiegato che per quanto riguarda la strage di via D'Amelio gli investigatori lavorano su diverse ipotesi: «Che Borsellino fosse venuto a conoscenza della trattativa e che si fosse messo di traverso e per questo ucciso; oppure che la trattativa si fosse arenata: allora Totò Riina decise di accelerare l'esecuzione della strage allo scopo di costringere lo Stato a venire a patti. Quindi, lentamente, emergono possibili se non addirittura probabili rapporti tra Cosa nostra e settori deviati dello Stato».

Lari parla anche dell'agenda rossa, per la cui sparizione fu indagato un ufficiale dei carabinieri, ripreso da alcune immagini televisive mentre si allontana dal luogo dell'esplosione con la borsa del magistrato. La posizione del militare è stata poi archiviata. Secondo Lari «si può ipotizzare che Paolo avesse segnato su quell'agenda notizie da lui apprese sullo svolgimento di una trattativa tra lo Stato e Cosa nostra e che quindi il furto di questa agenda potrebbe essere stato ispirato o organizzato da un terzo livello, un servizio segreto deviato».

Francesco Forgione, fino ad un anno fa era presidente dell'Antimafia, come parlamentare del Prc (oggi con Sinistra e libertà). L'inchiesta di questi giorni sulle stragi di Capaci e via D'Amelio riprende un percorso in parte noto proprio alla commissione che presiedeva.
Proprio in questi giorni ha più volte precisato che la Commissione Antimafia, in uno dei suoi ultimi atti, chiese al Sisde, oggi Aisi, di inviare elementi sulla presenza di agenti dei servizi segreti in via D'Amelio, insieme all'intero fascicolo dedicato alle stragi del '92. Un consulente, il gip Gioacchino Scaduto, era stato incaricato di fare le verifiche necessarie e intavolare i rapporti istituzionali coi servizi.
Scaduto è stato uno dei gip del processo Dell'Utri e si è occupato del tesoro della famiglia Ciancimino. Era stato scelto per questo . Di tutta la vicenda era stato messo al corrente l'allora direttore del Sisde, Franco Gabrielli.
Con la crisi parlamentare, la procedura si è interrotta, ma sappiamo che negli archivi dell'intelligence c'è parecchio materiale.

L'Antimafia non sostituisce la magistratura ma può accompagnarla e dare impulso al lavoro fatto. Anche perché ci sono troppe zone d'ombra attorno alle stragi. Bisogna dedicare più attenzione al ruolo delle mafie tra prima e seconda repubblica, al rapporto con pezzi di mondo politico e delle imprese e, alla nota trattativa con lo Stato. Che oggi si nutre di nuovi elementi ed è sempre stato uno dei punti più oscuri. Come, del resto, è oscura la vicenda del covo di via Bernini, quello di Totò Riina, che non fu perquisito dai carabinieri ma ripulito dalla mafia. Ci sono troppe zone d'ombra che riconducono a ruoli e comportamenti equivoci degli apparati.

La presenza dei servizi nei luoghi delle stragi è un dato acquisito. Ora si tratta solo di svelare ruoli, nomi e cognomi, e capire se fossero funzionali ad un disegno politico che doveva dare una risposta alla crisi della prima repubblica oppure no. Anche se quasi mai i servizi sono stati neutri rispetto a disegni di restaurazione. Nei 57 giorni, che vanno dalla strage di Capaci a quella di via D'Amelio, il conflitto nei livelli alti del potere è stato estremo. Non dimentichiamo che si era appena conclusa la lunga vicenda della scelta del presidente della repubblica (Oscar Luigi Scalfaro ndr). Ma un conto è dire pasolinianamente «io so» di chi è la colpa, un conto è avere le prove.

In quella fase era determinante il ruolo della DC : mi riferisco alle faide interne alla Democrazia cristiana siciliana e nazionale e a settori del Psi e del mondo delle imprese. A come la mafia avesse un ruolo nell'economia nazionale, riciclando grosse ricchezze anche al nord. In tutti quegli anni, il ruolo degli apparati dello Stato è stato quello del convitato di pietra. Da Portella della Ginestra fino ai giorni nostri. Se c'è una responsabilità della sinistra in questo ambito, è quella di non essere riuscita a cancellare neppure il segreto di stato su Portella della Ginestra. Le novità che apprendiamo arrivano dagli archivi inglesi e americani, quelli italiani restano chiusi.

Troppi misteri tolgono ancora l’aria all’asmatica democrazia del nostro Paese.

Etichette:


Continua...

lunedì 20 luglio 2009

E' la guerra .....

L'orrore a volte ci sfiora da vicino.
Ce ne accorgiamo quando muore un soldato italiano e le immagini della sua bara in TV ci sbattono in faccia la morte, senza "se" e senza "ma" .
Ce ne accorgiamo quando guardiamo in TV gli occhi spaventati di un prigioniero : un ragazzo che non c'entra nulla con quella guerra infame voluta da altri. Un ragazzo che vorrebbe soltanto tornare alla sua vita di ogni giorno.
Ma sappiamo che sono i volti della guerra. La guerra fa morti e fa prigionieri impauriti.
Devono ancora inventarla la guerra che crea vita e rende felici le persone....

Etichette:


Continua...